Gli attacchi di panico possono, in certi casi, essere così angoscianti (con mancanza di respiro, cuore che batte all’impazzata, senso di forte oppressione ecc.) da indurre a pensare, soprattutto la prima volta, che il malore sia legato alla presenza di un infarto o di un ictus. Non sono poche le persone che arrivano al pronto soccorso a sirene spiegate, pensando di essere in preda ad un attacco cardiaco mentre in realtà si tratta di un attacco di panico. Questo tipo di esperienza produce nell’ansioso un trauma legato alla perdita del controllo del proprio corpo.

II timore di rivivere l’attacco di panico rende quindi difficoltosa la gestione della tensione interna che può venir meno in alcuni contesti:

  • quando si abbassa il grado di attenzione interna (es. momenti di relax o sonno);
  • quando è necessario intraprendere azioni che comportano un aumento della
    tensione (es. stare in spazi aperti o affollati, in auto nel traffico o in strade poco
    conosciute, affrontare viaggi, cimentarsi in situazioni nuove, esibirsi in pubblico);
  • quando ci si trova in luoghi chiusi (es. ascensore, aereo) nei quali è richiesto
    un certo grado di rilassatezza;
  • quando il sintomo diventa disturbo.


Le attuali ricerche concordano sulla definizione che l’ansioso presenta una difficoltà di interpretare correttamente le attivazioni fisiologiche collegate alle emozioni. L’emozione non identificata si traduce in una tendenza a “previsioni catastrofiche” che produce una spirale ansiosa sul senso di pericolo. L’ansia, un’esperienza comune a tutti, è da considerarsi un problema, e quindi una patologia, nell’ultimo in cui l’intensità delle sue manifestazioni è così elevata da impedire alla persona di svolgere le normali funzioni della vita quotidiana: uscire di casa, lavorare, andare a scuola, frequentare amici o svolgere le proprie attività in modo autonomo.

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