“È ricco solo chi ha tempo!”
“Alla vita non si pensa mai. Ci si pensa solo quando se ne sta per andare…”
Non sono parole amare quelle di Enio Drovandi, comico e cabarettista toscano, di Pistoia per l’esattezza. Sono parole pronunciate con gioia perché lui la vita ha rischiato di perderla davvero e poi l’ha ritrovata. O meglio, TROVATA, proprio grazie a una esperienza che più dolorosa non si può.
Enio ha trovato la vita a 35 anni, dopo il buio di un incidente stradale. 6 ottobre 1989, le quattro del pomeriggio. Stava andando a fare uno spettacolo, la sua carriera era al culmine. Film come “Amici miei atto II”, “Speriamo che sia femmina”, entrambi di Mario Monicelli. E ancora commedie di Carlo Vanzina: “Sapore di mare”, “Viuuulentemente mia”. Compagni di squadra come Diego Abantantuono, Isabella Ferrari, Jerry Calà, Christian De Sica, Stefania Sandrelli. E prima i mostri sacri della commedia all’italiana: Ugo Tognazzi, Gastone Moschin, Adolfo Celi. Se lo contendevano registi come Dino Risi, Bruno Corbucci, Giorgio Capitani.
Ma io, in realtà, dice oggi Enio, non vivevo. Nonostante la popolarità e il successo non avevo capito nulla della vita. L’incidente, dunque. Un sorpasso, il sole che ti abbaglia e copre la visuale. Il frontale con un pullman. Il coma, due mesi in ospedale, sei interventi, tre anni fermo. Bloccato nella professione, ma con una scoperta che si faceva strada: quella di una energia e di una consapevolezza nuova. “Volevo la visibilità, dice, ho trovato la libertà”.
L’incidente ha segnato il cambiamento. E arriva a dire: “È stata la cosa più bella che mi è capitata”. Perché con l’incidente Enio ha capito. Ha capito che la vita è meravigliosa, che è fatta di cose semplici. Che è inutile disperarsi e che tanti, troppi non rispettano la vita. Il suo motto ora? Fare “sesso” con la vita ogni secondo… insomma, sorridere alla vita anche se le cose vanno male. Ci vuole dignità anche nel dolore, dice.
È orgoglioso Enio del padre Tiberio, barista, morto a 90 anni. E della madre, morta anche lei. La loro scomparsa mi ha insegnato a crescere, dice. Quel padre che aveva la terza elementare e lo incitava sempre a pensare a sé. “Stammi bene, Enio, ma stammi lontano, vivi” gli diceva. In qualche modo lo incitava a essere egoista, perché – e questa è una grande lezione che Enio ha appreso – per essere molto generosi bisogna essere prima grandi egoisti: se non si vuole bene a se stessi, spiega, come si fa ad amare profondamente gli altri?
La sofferenza come strumento per acquistare sicurezza e fiducia in sé, per riuscire a tirare finalmente fuori quanto di grande e di buono tutti abbiamo. Il Cambiamento. Questo è stato per Enio l’incidente. Un evento traumatico e doloroso che gli ha fatto scoprire la felicità e la possibilità di offrirla a tanta gente.
Ed è così che Enio si è avvicinato alla Lidap. Una simpatia istintiva verso quest’associazione da parte di uno, come lui, che sostiene di venire dall’“Università della strada”. Si è fidato del suo istinto, ho “annusato”, dice, l’aria che circonda la Lidap e quello che ho sentito e visto mi è piaciuto. Lui, che conosce il dolore, sa capire il dolore degli altri, i sentimenti e le sfumature dell’animo umano. E gli piacerebbe dare un esempio di equilibrio, di serenità, di ottimismo.
Ma cosa pensa questo 53enne, dai capelli brizzolati, dal viso ricco di espressioni e dagli occhi ben aperti sul mondo, degli attacchi di panico? “Non li ho, dice, non li ho mai avuti. Certo, quando vado a fare uno spettacolo è ovvio che qualcosa di simile ti afferri. Ma perché magari non sono inizialmente sicuro di quello che faccio e dico. Il mio lavoro di attore cabarettista si basa molto sull’improvvisazione. Ma dopo, quando ho acquistato sicurezza interiore, quando ho capito fino in fondo le mie capacità, allora il panico non mi attacca, perché so quello che voglio esprimere”.
Farmaci? Mai avuto bisogno, dice. La mia scuola è stata il dolore, il mio segreto è la duttilità, l’apertura al cambiamento, rinnovarsi sempre. E ricordarsi che non c’è nulla di così importante come la Vita. L’ultimo vestito non ha tasche, gli disse una volta Gino Bartali, toscanaccio suo conterraneo, perché non ti porti niente dietro. E allora perché affannarsi appresso a mille cose senza importanza?
La libertà. È questo il suo obiettivo. Ma libertà, ribadisce, significa anche tanta disciplina e regole, essere trasgressivi oggi vuol dire comportarsi bene. Non fare male agli altri, per esempio cercando di cambiarli, di portarli nella propria dimensione. Nulla di più sbagliato, ripete Enio, da vero “guru della vita”, come ama definirsi. L’unico modo di fare del bene è col tuo esempio, insiste: uno su mille forse ne trarrà stimolo e spunto.
È un uomo molto impegnato, Enio. Anche se a lui sembra di non aver nulla da fare. Oggi, dice, è ricco solo chi ha tempo. Ha ripreso il lavoro, film e teatro, spot pubblicitari come “SuperEnalotto”, regia di Gabriele Salvatores. E fiction, come “Un ciclone in famiglia 2” e la nuova serie dello “Zio d’America”, con De Sica, Lorella Cuccarini, Eleonora Giorgi. Scrive commedie, porta in giro per l’Italia i suoi spettacoli di cabaret. A febbraio uscirà un altro film cui ha partecipato: “Gli ultimi della classe”, dove interpreta il ruolo di un professore di matematica. In arrivo in televisione un suo originale talk show dove gestirà una sorta di televendita di artisti.
Ma il progetto cui tiene di più è uno: “Il Compleanno della Vita”. Un evento che organizza ogni anno, a ottobre, da 18 anni, da quando ebbe l’incidente. È una festa, tantissimi amici, fino a mille persone riunite, torta e candeline per celebrare la vita. Un omaggio a tutte le donne presenti perché sono loro a dare la vita. Bisogna vestirsi in modo elegante perché la vita lo merita. Quest’anno per l’occasione ha realizzato un video che simula una strage del sabato sera. È un filmato di grande impatto: fa riflettere sull’incoscienza che ci può far perdere in un attimo il bene più grande. Consegna targhe e riconoscimenti Enio in questa speciale serata. A chi si è distinto, come l’associazione Vittime della Strada, nella difesa della vita. Quest’anno, per la prima volta, ha deciso di consegnare una targa, per la sua attività, anche alla Lidap. Abbiamo chiesto ad Enio una considerazione finale:
“Gli attacchi di panico sono dei disagi; non si sta bene con se stessi e gli altri. Per assurdo persino chi sta bene e non ne soffre è un portatore di questi disagi, perché se uno sta bene e invece vede persone che così non stanno (bene) ovviamente non può che starci male. Quindi avere un attacco di panico, (seppur per assurdo), è un gesto d’Amore…Come si vede nessuno, in misura più o meno forte, è immune da questa disagiata questione personale. Il rimedio? Saper che pure Gesù Cristo, così come Gandhi o Madre Teresa di Calcutta avevano attacchi di panico… mica potevano star sereni davanti alle paure umane!”
Novembre 2007
(Intervista a cura di Barbara Pavarotti)