COMPRENDERE LE PECULIARITÀ DEI COMPITI DEL FACILITATORE NEI GRUPPI DI AUTO/MUTUO AIUTO LIDAP CI PERMETTE DI CAPIRNE SIA L’ORIGINALITÀ, FRUTTO DI TRE DECENNI DI PRATICA SUL CAMPO, CHE LA POTENZIALITÀ TERAPEUTICA. FARE IL FACILITATORE PUÒ APPARIRE A PRIMA VISTA UN COMPITO COMPLESSO CHE DIVENTA FACILE SE SVOLTO CON AUTENTICITÀ E CON LA CONSAPEVOLEZZA DI AIUTARE SÉ OLTRE CHE GLI ALTRI.

I COMPITI DEL FACILITATORE

Una delle caratteristiche più salienti del gruppo di auto/mutuo aiuto (ama) Lidap è rappresentata dal metodo di conduzione del medesimo; diciamo subito, e con chiarezza, che nei gruppi Lidap non c’è conduzione del gruppo, ma solo facilitazione della comunicazione; non è una differenza semantica, ma di sostanza.

Quand’è che si verifica la conduzione un gruppo? Quando, per propria o altrui volontà, il facilitatore si trova al centro della comunicazione del medesimo e, attraverso se stesso, questa viene ritrasmessa dai singoli al gruppo e viceversa; quando chi parla guarda il facilitatore e non il gruppo; quando il facilitatore si sente in dovere di dare una “interpretazione” ai racconti dei membri del gruppo o una “spiegazione” dell’altrui dolore; quando non si fa il gruppo se non c’è il facilitatore; quando non si riesce ad iniziare un argomento se non comincia il facilitatore! Ecc., ecc.

Da questo elenco di situazioni è evidente che passare dalla facilitazione alla conduzione non dipende solo dalla volontà del facilitatore; spesso è il gruppo medesimo che “spinge” verso la conduzione: è meno faticosa e non implica la messa in gioco del sé! Ma allora, quand’è che un gruppo è correttamente facilitato? Senza elencare una lunga serie di situazioni, citiamo due aspetti tra i più significativi: quando da parte dei membri del gruppo non ci sono particolari aspettative nei confronti del facilitatore, quando quest’ultimo anziché interpretare parla di sé aiutando il gruppo a comunicare, soprattutto con l’esempio! Come capita spesso anche nei corsi di formazione, ci si preoccupa maggiormente di definire che cosa NON fare piuttosto del contrario.

In effetti, nei nostri gruppi di auto/mutuo aiuto, un problema che riscontriamo spesso è un eccesso di “ruolo” da parte del facilitatore per cui è importante imparare a riconoscere tale situazione e difendere il gruppo da questo tipo di impostazione che noi valutiamo errata. Avere un “ruolo di potere”, come quello che la “conduzione” di un gruppo assegna al facilitatore, risulta, al momento, molto gratificante per chi lo esercita, ma, oltre a non far “crescere” il gruppo, col tempo, risulta deleterio anche per il facilitatore perché per condurre bisogna inevitabilmente farsi carico dei problemi di tutti con il conseguente onere di frustrazioni che questo comporta. Attenzione, però, a non demonizzare nessuno! Come abbiamo già detto, spesso sono gli stessi membri del gruppo che spingono il facilitatore ad assumere ruoli più marcati e, inoltre, anche il facilitatore, come tutti i membri del gruppo, sta compiendo un percorso di crescita. In più c’è un’ulteriore complicazione che si determina quando il facilitatore di un gruppo è anche Collaboratore Locale (CL) di una realtà Lidap.

Tale sovrapposizione di compiti può generare confusione in quanto, quelli del CL, sono diversi (a volte contrapposti) da quelli del facilitatore. La Lidap si è strutturata nel territorio incaricando un referente (che chiamiamo appunto Collaboratore Locale, CL) per rappresentarla nella zona o nella provincia in cui opera. Oltre a rappresentare la Lidap nel territorio, il CL promuove la costituzione dei gruppi di auto/mutuo aiuto, ne coordina l’attività e, tra l’altro, ha il “dovere e il potere di controllare” la corretta applicazione al suo interno delle dinamiche promosse dalla Lidap; qualora ciò non si verificasse deve intervenire, rispettando certamente sia la sovranità che le regole e le sensibilità del gruppo … ma deve intervenire. Tale incarico (non sempre facile da portare avanti) viene assegnato dal Consiglio Direttivo dopo attenta valutazione della serietà, capacità ed equilibrio degli interessati; la Lidap confida, fino a prova contraria, sulla correttezza, sul buon senso e sulla lealtà dei propri Collaboratori Locali. CL e facilitatore hanno modalità d’intervento diverse che, quando gli incarichi si sovrappongono, è possibile che ci possano essere confusioni di ruoli; naturalmente niente di irreparabile e niente di inevitabile, necessita, a nostro avviso, solo qualche attenzione in più nel valutare separatamente i diversi compiti.

L’EVOLUZIONE DEL FACILITATORE

Tutto chiaro, quindi? Tutto definito con chiarezza e precisione? Per niente! Il percorso della consapevolezza è lungo e faticoso! I “problemi” non sono finiti perché il compito del facilitatore non è statico nel tempo, ma estremamente flessibile, in quanto si evolve e segue lo sviluppo delle tre fasi del gruppo: ruolo preponderante nella fase iniziale che tende a eclissarsi nella fase intermedia (riemerge, se necessario, nelle fasi conflittuali) e a sparire nella fase finale. Una siffatta evoluzione di tale ruolo è una delle caratteristiche principali dei gruppi ama della Lidap e non è disgiunta dal fatto che il facilitatore, nella fase di avvio del gruppo, che può durare mesi, deve “saper ascoltare e ascoltarsi, facilitare il dialogo senza alterarlo, creare un clima positivo, consentire l’espressione di stati emotivi e affettivi inerenti la vita di gruppo e le esperienze dei suoi partecipanti; inoltre deve agire nel gruppo in modo tale da evitare atteggiamenti di dipendenza dal gruppo stesso, da sé e da altri partecipanti” (Vademecum per gruppi di auto/mutuo aiuto – ed. Lidap 2001).

Nella fase iniziale è ragionevole che ci possano essere momenti di conduzione anziché di facilitazione, ma questo non contraddice quello che si è detto fino a ora; è naturale che ciò avvenga: la fase di avvio di un gruppo è una fase delicata in cui si accumulano ansie, aspettative e paure e in cui il bisogno di rassicurare e rassicurarsi prevale sul resto. L’importante è non cristallizzare tale situazione all’infinito e pensare di trovarsi sempre nella fase iniziale e così perpetrare il “ruolo di conduzione” del gruppo. Il facilitatore, come lo abbiamo in precedenza definito, si esprime nella sua completezza nella fase matura del gruppo, quando con l’autoattivazione i membri del gruppo esprimono il massimo della loro potenzialità: in questa fase una corretta facilitazione fa la differenza fra un gruppo che cresce e uno che si esaurisce. Esiste poi la terza fase in cui quasi tutti i membri del gruppo hanno acquisito le consapevolezze e le capacità del facilitatore permettendo la possibilità di svolgere a rotazione il compito della facilitazione: anche questo, però, non nasce spontaneamente; condizione necessaria è un graduale arretramento (o eclisse) del facilitatore stesso che così facendo stimola l’emersione delle risorse che si sono costruite nel gruppo. In sintesi potremmo definire che un bravo facilitatore è quello che è capace di “insegnare” al gruppo a fare a meno di lui!

CONCLUSIONI

A prima vista, tutto ciò che abbiamo detto fino ad ora, può sembrare contraddittorio e un poco schizofrenico: prima il facilitatore non ha ruolo, poi ce l’ha, poi scompare! Sì, può sembrare una cosa complessa, ma, come l’esperienza di anni sul campo ci ha insegnato, non è difficile se si crede all’autenticità dell’auto aiuto, se si è convinti della potenzialità terapeutica del gruppo, se ci si affida a esso nei momenti di difficoltà, se chi si appresta a fare il facilitatore non lo fa con l’intento onnipotente di “salvare tutta l’umanità sofferente”! Il resto viene da sé!

Dopo aver evidenziato criticamente luci ed ombre dei compiti del facilitatore crediamo sia giusto aggiungere anche altre osservazioni verso chi svolge tale compito. I facilitatori (così come i Collaboratori Locali) sono la spina dorsale su cui è costruita la nostra associazione; essi sono il bene più prezioso che abbiamo e risultano decisivi per il conseguimento di qualsiasi obiettivo associativo. Le nostre valutazioni sul loro operato hanno il rigore e il rispetto di chi è consapevole del loro prezioso e insostituibile contributo colmo di generosità e competenza.

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